Difficile cominciare senza un luogo comune: Pupi Avati torna al gotico padano con questo "Il signor Diavolo" del 2019.
Ecco. Ora posso andare avanti!
Prima della trama e di qualche considerazione dico solamente una cosa: l'unico problema del nostro cinema di genere è che bisogna attendere anni prima di poter vedere un capolavoro del genere.
La trama:
inviato da Roma in veneto per occuparsi di un truce fatto di cronaca che rischia di infettare anche la politica (un bimbo uccide con una fionda un coetaneo accusandolo di essere il diavolo), il funzionario Momenté è al suo primo lavoro importante: deve studiare le carte, riesaminare deposizioni e investigazioni, interrogare di nuovo i protagonisti.
Le cose, scoprirà, sono molto più ingarbugliate e maledette di quanto aveva sospettato.
Non c'è nulla che non mi sia piaciuto in questo film (a parte qualche momentaccio dovuto alla CGI, il resto dei truculenti effetti è opera del maestro Stivaletti): dagli attori, tutti in parte (che piacere rivedere assieme Haber, Cavina e Capolicchio! Ma anche il sempre bravissimo Bonetti e Andrea Roncato, per tacere della sexy e strepitosa Caselli, quasi irriconoscibile), alla sceneggiatura, ben dosata e con un finale agghiacciante sul serio (provate a rifletterci dopo averlo veduto) fino alla solita regia di Avati, robusta e incisiva ma mai invadente. La pellicola è stata tratta dall'omonimo libro del regista emiliano, che giace sul mio comodino da tempo in attesa di essere sfogliato.
Insomma, in conclusione: se cercate la risposta all'eterna domanda "ma perché non fanno più film così, in Italia?" essa è tutta in questo film.
Li facciamo ancora, e piuttosto bene!
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