Amici che mi seguono.

domenica 31 maggio 2020

Museo Fran: Charlie Adlard.

Disegnatore principale di "The walking dead", da cui è tratto questo zombi.
Il disegno originale è in realtà a colori.
Per misteriosi motivi l'ho scansionato in bianco e nero!
Buona domenica a tutti. 

sabato 30 maggio 2020

Al tavolo da lavoro di... Alessio Fortunato.

Barese di adozione, fa il suo esordio grazie ad Ade Capone, che lo vuole su diverse testate da lui ideate, fino all'arrivo in Bonelli, dove si occupa di Dampyr.
Passa anche per il personaggio di "John Doe".

venerdì 29 maggio 2020

Il fumetto del venerdì: Il Fantasma dell'Opera (Mister No)

C'è stato un periodo in cui, pochi anni antecedenti alla sua più nota creazione, Dylan Dog, Tiziano Sclavi curava e scriveva, bene, anche per Zagor e Mister No.
Ritengo, mia personabilissima opinione, che lo scrittore lombardo abbia sceneggiato eccellenti storie proprio per il pilota creato da Guido Nolitta, le preferisco anche al suo Dylan Dog!

La trama:
A Manaus c'è fermento: le porte del Teatro dell'Opera stanno per riaprire! L'impresa, tuttavia, si rivela già abbastanza macabra: la compagnia, infatti, è la stessa che molti anni prima aveva veduto scomparire senza lasciare traccia il baritono "titolare" Eric Maelstrom.
Mister No e il suo amico Olinto Righetti si ritrovano coinvolti in un nuovo giro di morti e di tragici eventi.

Vi sono volte in cui le sceneggiature di Sclavi sembrano orologi svizzeri: "L'alba dei morti viventi", "Memorie dall'invisibile", "Ombre rosse" e, appunto, questa: l'atmosfera è fantastica, i personaggi eccezionali, impossibile non voltare pagina per scoprire cosa accadrà ai protagonisti messi in scena con tanta maestria; tutti i dialoghi sono calibratissimi e il vecchio teatro assume un ruolo suggestivo e pieno di presenze, di respiri.
Il finale è struggente nella sua drammaticità.
Certo aiutano, e non poco, i disegni di un Roberto Diso (mai troppo apprezzato in Italia) in super forma, capace di cesellare personaggi indimenticabili: basti citare la soprano Maria Arghidas, la cui camminata nel cimitero velata da calze nere risulta ancora oggi insuperabile.
Proprio quella tavola, da ragazzino, mi spinse a tentare la strada del disegno come passione: oggi l'originale di quella falcata fa parte della mia collezione.

giovedì 28 maggio 2020

Un disegno abbastanza particolare.

Anno di grazia 1994: lavoricchiavo come grafico pubblicitario per le più disparate occasioni. Mi chiesero di eseguire un disegno per una discoteca, sarebbe dovuto andare sui biglietti di ingresso.
Preparai qualche bozzetto, poi al momento di far scegliere quale utilizzare, il committente si concentrò su un piccolo cartoncino dove avevo realizzato un disegno di Ironsword stando al telefono; era bruttino, senza rifiniture, mancava addirittura la cinghia che teneva idealmente l'ascia sulle spalle del guerriero. Nonostante la mia ritrosia non ci fu niente da fare: scelsero quello.
Il risultato, ahimè, potete vederlo qui sopra!

giovedì 21 maggio 2020

Una testa mozzata ma non troppo.

Stavo realizzando questa testa di Ironsword, una ventina di anni fa, quando mi accorsi che non mi piaceva! Allora vi disegnai un'ombra alla base del collo, come fosse decapitata!

mercoledì 20 maggio 2020

L'occhio del cinema: Scarlett Johansson.

Qualcuno dice che sia una sopravvalutata, altri addirittura che non sia bella.
Nel dubbio lascio giudicare voi: di immagini della Johansson ne ho parecchie.
Preparatevi!

martedì 19 maggio 2020

Libro del giorno: Le città invisibili.

Italo Calvino, grazie alla capacità e alla qualità della sua scrittura, è arrivato a molti. Difficile, tuttavia, raccontare o - peggio - spiegare - la sua letteratura.
Questo romanzo (?) del 1972 non fa eccezione.

La trama:
Marco Polo, in visita all'imperatore tartaro Kublai Khan, racconta delle città che ha visitato...

Queste città, in realtà, non esistono: sono sogni, immagini e pensieri formulati con uno schema a cornice dallo scrittore cubano (solo di nascita) in grado di affabulare, accarezzare e guidare il lettore lungo questo sinuoso viaggio immaginifico e visionario, al termine del quale non c'è nessuno ad aspettarti, se non il ricominciare.
Per i libri e i romanzi si possono spendere parecchi aggettivi... io, però, ne uso uno mai sperimentato prima, personalmente parlando, proprio per questo: rilassante.
Leggere "Le città invisibili" è stato piacevole, istruttivo e molto, molto rilassante.
Quando sono finite, ve ne sono 55 in tutto, ci sono rimasto male.

domenica 17 maggio 2020

Museo Fran: Charlie Adlard.

"Vivace" zombi disegnato da Charlie Adlard e proveniente dalla pluriacclamata serie a fumetti, recentemente conclusa, "The walking dead".
Ne ho un altro, che posterò nei prossimi giorni.

sabato 16 maggio 2020

Al tavolo da lavoro di... Alessandro Poli!

Bolognese, grafico pubblicitario e fumettista, Alessandro Poli esordisce su Dylan Dog e successivamente lavora su altri personaggi della Bonelli, anche come copertinista / ideatore, vedi Demian o Cassidy.

P.s.
L'altro bravo disegnatore che vedete nella foto, seduto al tavolo di Poli, è Marco Foderà, in visita al collega!

venerdì 15 maggio 2020

Il fumetto del venerdì: Sangue Kiowa!

Ovvero: Winter Snake è siculo/toscano!
Sono infatti lo sceneggiatore senese Jacopo Rauch e il disegnatore siciliano Joevito Nuccio a riportare l'indomito capo dei Kiowa, appunto, Winter Snake sulle pagine di Zagor.

La trama!
Di ritorno da  un incontro tra capi indiani ed esponenti "bianchi", sia politici che militari, Winter Snake aggredisce nottetempo il senatore Blake, in preda a una furia difficile da inquadrare.
Toccherà a Zagor, ormai amico fidato dell'indiano, chiarire tutta la faccenda.

Cominciamo col dire che si tratta davvero di un breve episodio (non arriva all'albo e mezzo), ma com'è nelle corde di Rauch l'azione è scoppiettante e i dialoghi mai banali.
Non è facile, per me, analizzare questo episodio: primo perché non amo particolarmente recensioni e recensori, secondo - e ben più importante - è il fatto di essere amico di entrambi gli autori (Joevito, addirittura, da prima che esordisse su Zagor!)... si corrono sovente due rischi: piaggeria o ipercriticità.
La piaggeria è quella cosa che ti porta a parlar bene di qualcuno solo per secondi fini (appunto potrebbe essere l'affetto!) l'ipercriticità, invece, ti conduce sul sentiero opposto e  diventi un criticone solo per dimostrare a qualcuno che sei super partes e inchioderesti  alle sue responsabilità persino tua madre!
Vabbè, ormai mi tocca.
Da principio Rauch mi sorprende con le mosse di Winter Snake, e la Bonelli non riesce a sorprendermi da parecchio tempo: mi procura piacevoli ore di lettura, intendiamoci, ma non riesce a stupirmi. Invece Jacopo mi ha fregato! Anche la scelta di un racconto così breve è azzeccata, per conto mio: temevo l'effetto "amichetti che non litigano mai", sempre in agguato. C'è da dire che io, personalmente parlando, avrei lasciato il Kiowa degli albori: onesto e "giusto" ma letale avversario.
Le cose sono andate diversamente e gli sceneggiatori della serie non hanno molte carte nel mazzo da cui pescare.
Bene così.
Rauch ha scritto una bellissima, recente storia per Tex, e la  spassosa nuova collana a striscia per i disegni di Della Monica / Di Vitto (collana Scure), possiede talento: i suoi dialoghi sono serrati, calibrati, Zagor ha grinta e determinazione. È un autore che cerca, si informa, studia e recepisce quel che avviene attorno a lui.
Poi Nuccio.
D'accordo, chiunque può disegnare: si possiede un po' di talento, lo si nutre con studio e abnegazione ed eccolo lì. Ce ne sono tanti, di artisti dotati.
Joevito ha qualcosina in più: disegna bene come tanti suoi colleghi, non serve questo mio post per ricordarlo, ma ha la caratteristica, questa sì, rara, di inquadrare immediatamente il personaggio che andrà a disegnare.
Guardate lo Spirito con la Scure: è un clone di Ferri? No. È Zagor? Indubbiamente.
La stessa cosa gli riesce subito con Winter Snake, uno dei comprimari più amati della saga (chi non conosce la Marcia della disperazione faccia ammenda dietro la lavagna, please). Appena appare è già lui. Azzeccatissimo dalla prima pennellata, e sono certo vi fossero decine e decine di fanatic... ehm, volevo dire di pacati appassionati pronti a rinfacciargli la scarsa aderenza con l'originale tratteggiato da Ferri e da Bignotti negli anni settanta; invece no! Quello è Winter Snake, non vi sono dubbi.
Quando realizzò la cover per i 25 anni del mio Ironsword (e sì, ho avuto questo onore), centrò immediatamente lo spirito della Grande Morte Bianca: non lo aveva mai disegnato, letto pochissimo... eppure eccolo là, qualche prova e Ironsword è subito lui.
«Ma è Ironsword!» gridarono infatti entusiasti gli amici che ammirarono per primi la cover per la trilogia.
Questo, in fondo, credo sia Joevito Nuccio: uno che disegna benissimo ma che riesce a non riprodurre, come una fotocopiatrice sgangherata, quel che gli si chiede o - peggio - a replicare stancamente il personaggio di qualcun altro; Nuccio gli afferra la personalità, l'anima, e la porta su carta.
Date fondo alla vostra memoria e scrivete nei commenti quanti disegnatori che conoscete sono altrettanto capaci.

Non fidatevi troppo delle mie parole, però: comprate l'albo della Sergio Bonelli Editore e giudicate da soli se ho scritto un sacco di fanfaronate.
In fondo sono amici miei.
P. s.
La copertina è opera di Alessandro Piccinelli, altro autore mica da ridere, eh?

giovedì 14 maggio 2020

Black Fang.

La mappa di Black Fang, il nuovo territorio sul quale si muoverà Ironsword nei suoi fumetti!

mercoledì 13 maggio 2020

L'occhio del cinema: animazione!

Da ragazzino, come tutti quelli della mia generazione, ho amato molto i cartoni animati giapponesi: i miei preferiti erano Goldrake, Il Grande Mazinga, Lupin III e Lamù.
Oltre alla simpatica aliena ero invaghito della bella e misteriosa "collega" di Hiroshi in Jeeg Robot d'Acciaio, Miwa Uzuki, Rihoko Yoshida nella versione originale.
Ma lo sapevate già...

domenica 10 maggio 2020

sabato 9 maggio 2020

Al tavolo da lavoro di... Alessandro Nespolino.

Artista dal tratto pulito ed efficace, ha prestato le sue matite per personaggi come Lazarus Ledd, Nick Raider, Magico Vento, Tex e altri.

venerdì 8 maggio 2020

Il fumetto del venerdì: L'alba dei morti viventi.

Quando il numero 1 di una nuova testata Bonelli, allora ancora "Dime Press", fece capolino con poche copie nelle edicole italiane, nell'ottobre del 1986, pochi avrebbero immaginato la scossa che quel personaggio dall'aspetto un po' sottomesso avrebbe dato al fumetto.

La trama:
Dylan Dog, ex poliziotto ed ex alcolizzato che vive indagando su casi straordinari come detective privato (mostri, apparizioni, paranormale) viene ingaggiato da una strana donna, che sostiene di essere stata aggredita da suo marito.
Che era già morto da un pezzo.

Raramente i numeri 1 di un fumetto seriale sono begli albi; c'è l'introduzione, qualche spiegone, i semi per quel che verrà.
Tiziano Sclavi, però, già autore di tanti fumetti e curatore di Zagor per un certo periodo, riesce a scrivere un numero perfetto già da questo primo albo.
Le citazioni sono eccellenti e calibratissime con la storia raccontata e tutte apprezzabilissime, i personaggi sono riusciti, i dialoghi brillanti, l'orrore contenuto nella vicenda davvero spaventoso; i disegni di Angelo Stano "rompono" con la tradizione Bonelli, regalandoci un bianco e nero come poche volte si era visto, per tacere della splendida cover di Claudio Villa, realizzatore grafico del personaggio.
Se Dylan Dog fosse durato un solo numero, questo, sarebbe comunque stato ricordato nella storia dei personaggi a fumetti nostrani. Uno dei migliori numero 1 della Bonelli.
Sclavi si supererà "soltanto" nell'albo numero 19 intitolato "Memorie dall'invisibile", che andrebbe fatto studiare nelle scuole di fumetto, tanto la sceneggiatura è perfetta.

giovedì 7 maggio 2020

martedì 5 maggio 2020

Libro del giorno: La Compagnia dell'Anello.

E così anch'io, dopo non molto tempo dall'uscita della nuova edizione (sempre Bompiani, con traduzione anch'essa nuova di zecca ad opera di Ottavio Fatica), del primo tomo del Signore degli Anelli, La Compagnia dell'Anello, seminale opera fantasy scritta da quel genio che era John R. R. Tolkien, ho finito la (ri)lettura.

Trama!
Risvegliatosi dopo secoli di torpore, l'anello più potente della Terra di Mezzo, con il quale il malvagio Sauron può dominare i popoli, finisce nelle mani de lo hobbit Frodo Baggins, nipote acquisito di quel Bilbo Baggins protagonista del precedente libro di Tolkien, "Lo hobbit", con la cognizione definitiva di doverlo distruggere: inizia così un lungo e avventuroso viaggio in compagnia di otto avventurieri (due umani, 3 hobbit, un elfo, un mago e un nano) diretti alla montagna di Moldor, dove un fuoco eterno può distruggere il malvagio oggetto.

Del libro, bene o male, si sa già tutto. Vorrei concentrami anch'io, pur senza possedere meriti o titoli di chi mi ha preceduto, sulla controversa nuova traduzione che Fatica ha realizzato per questo primo volume (gli altri dovrebbero uscire a distanza di circa sei mesi).
Va subito detto che alcune scelte del pur ottimo traduttore fanno storcere decisamente la bocca, già al primo assaggio: ecco che Sam il Gaffiere, fedele servitore di Frodo, diviene Samplicio, e suo padre non più "gaffiere" ma "Veio".  Niente più "Granpasso", "Pipino", "Brendibuck", "Decumano Est", "Puledro Impennato", "raminghi", "Collevento", "Omorfo Cactaceo"; al loro posto  "Passolungo", "Pippin", "Brandaino", "Quartiero Est" (?), "Cavallino Inalberato" (?), "Svettavento", "Omorfo Farfaraccio".
Anche la famosissima poesia sugli anelli subisce una netta trasformazione, e manca - tanto per dirla tutta - anche la mappa del mondo immaginato dallo scrittore britannico.
Probabilmente la inseriranno nelle edizioni dei due libri che seguiranno questo. Non so.
Quello che so, invece, è che siamo abituati ai vecchi nomi, travasati anche nella celebre trilogia cinematografica realizzata da Peter Jackson a inizio secolo: non è tanto quindi una questione tecnica, quanto di affezione.
Se in lingua originale, ad esempio, "gaffiere" non esiste e neppure "Decumano", ci eravamo abituati alla prima edizione Rusconi, tradotta da Vittoria Alliata, con trovate decisamente azzeccate. D'accordo, Tolkien scriveva "ranger" per indicare la via intrapresa da Aragorn dopo la decisione di non seguire le orme da futuro re, e l'esatta traduzione italiana sarebbe quella decisa da Fatica, cioè "forestale". Però è altrettanto chiaro che qui da noi la forestale è una forza di polizia da poco inglobata, seppur parzialmente, dai carabinieri, ed era lampante che tale scelta avrebbe scatenato polemiche, mugugni e qualche pernacchia.
Insomma risulta poco chiara la decisione presa dal traduttore, che talvolta sembra incerto sul da farsi: italianizza molti termini, ma poi lascia "Pippin"; sveltisce dei passaggi per renderli più snelli e, probabilmente, maggiormente appetibili per un pubblico giovane di oggi, ma poi lascia aggettivi e parole fuori moda da anni.
Questo lascia francamente titubanti.
 Era un lavoro sfiancante, me ne rendo conto, "Il Signore degli Anelli" è una bibbia per ogni appassionato di fantasy, ma proprio per questo, probabilmente, avrebbe dovuto tenere un occhio anche sulla sensibilità dei vecchi appassionati, per nulla disposti a vedere così trasformati luoghi e personaggi amati tutta la vita: inspiegabile una semplice trasformazione da "Puledro impennato" a "Cavallino inalberato": inalberato da cosa? Perché?
Censurata anche la parola "pony": gli hobbit, da principio, cavalcano dei semplici "cavallini". Insomma la coerenza non è il forte di questa nuova traduzione italiana.

Però non tutto è da buttare, suvvia! Ottavio Fatica conosce bene il suo mestiere, non è un "debuttante allo sbaraglio", come qualcuno vorrebbe far credere, e il suo lavoro è chiaro, appassionato, dal gran ritmo: diciamocelo chiaramente! Questo primo libro si legge che è una meraviglia, spedito e lucidissimo. Curato alla perfezione, ho trovato un solo refuso, non ha mai abbassamenti di ritmo, si gusta come e quanto il precedente, se siete disposti a passare sopra i difetti o presunti tali, elencati più sopra.
Io l'ho riletto tutto, in pochissimi giorni, e mi sono commosso nuovamente, immergendomi in un mondo irripetibile creato da uno scrittore, probabilmente, inarrivabile.
Il mio consiglio, quindi, non è quello di basarvi su scritti come il mio, ma di comprarlo e leggerlo tutto, voi stessi.
In fondo è l'unico giudizio che conta.

P. s.
L'immagine della copertina, invece, una veduta di Marte o qualcosa del genere, non ha giustificazioni.

lunedì 4 maggio 2020

La ragazza del lunedì: Bera!

Dite la verità: una Bera così (tratta dall'anime "Bem il mostro umano") non  l'avevate mai vista, vero?
Il disegno è opera dell'artista Luca Panciroli.

domenica 3 maggio 2020

Museo Fran: Giovanna Casotto.

Ho due originali della bravissima disegnatrice lombarda, posterò in seguito anche l'altra opera.
Mi scuso nuovamente per la qualità della foto, presto migliorerà la situazione.
Promesso!

sabato 2 maggio 2020

venerdì 1 maggio 2020

Il fumetto del venerdì: Un vampiro a New York!

Buongiorno e buon 1° Maggio a tutti.
Martin Mystere è sempre stato un personaggio affascinante, i primi albi della sua lunga saga sono spesso stati autentici gioielli.
Non fa eccezione questo numero 13, uscito nelle edicole italiane nell'aprile 1983 per i testi di Alfredo Castelli, suo creatore, e le matite del camaleontico Franco Bignotti.

La trama:
Il Detective dell'Impossibile viene chiamato a collaborare con la polizia per risolvere il caso di un serial killer che uccide le sue vittime dopo averle dissanguate e pugnalate con una specie di arma rituale di legno; Martin Mystere si convince sempre più, nel corso delle indagini, che ad uccidere possa essere realmente un vampiro, giunto non si sa come a New York.

Se la trama di quest'avventura può sembrare, a una prima occhiata, "semplice" e lineare, di certo non lo è nella sceneggiatura: Castelli imbastisce una storia cupa e malinconica, dove pagina dopo pagina emerge la figura di questo "mostro", Herman Strauss, che è più vittima che carnefice.
Impossibile non provare un pizzico di pietà per questa tragica figura, che avrà una fine altamente drammatica.
I disegni pieni e scuri di Bignotti fanno il resto.
Bellissima storia, da recuperare.