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mercoledì 1 gennaio 2020

Carne umana.

Salve e buon nuovo anno a tutti.
Esattamente 20 anni fa, nel gennaio del 1999, realizzavo "Carne umana", un horror zombesco con il quale mi liberavo di numerose zavorre che, da anni, mi impedivano di scrivere e produrre.

La trama:
alla fine del secolo, in Sudafrica, un criminale soprannominato Doctor Crotalo viene scortato da una equipe di soldati e scienziati per giungere nella capitale dove, di lì a poco, dovrà essere giustiziato.
Il problema sorge dal fatto che il mondo in cui si muovono i protagonisti è dominato dai resuscitati, organismi umani e animali che, una volta defunti, tornano in vita con propositi tutt'altro che amichevoli: dopo un incidente al furgone che scorta Crotalo, i componenti della spedizione saranno costretti a chiedere aiuto proprio a lui, per evitare di finire sbranati.

Erano anni e anni che non scrivevo più niente: né racconti, né sceneggiature o recensioni, tantomeno romanzi. Niente di niente! Tantoché, a un certo punto, credevo che fosse finita, la mia vena creativa chiusa, la mia ispirazione (qualunque cosa essa significhi) spenta!
Tornò improvvisamente, in un bruttissimo momento della mia vita, mentre ero seduto in sala di attesa di una banca per discutere dei miei problemi finanziari: la trama di "Carne umana" scorse davanti ai miei occhi come se qualcun altro stesse scrivendola per me!
Corsi a casa e scrissi così tanto che la mia tastiera si ruppe, fui costretto a comperarne un'altra che subì medesima sorte: battevo così forte sui tasti che questi saltavano in aria come colpiti da una carica di dinamite! Lo terminai in poco tempo, e se all'epoca non fossi stato impiegato alla Mondadori probabilmente lo avrei finito anche prima!
Quando lo proposi alle case editrici qualcuna mi rispose che era "carino, coinvolgente" ma che il tema trattato, gli zombi, era ormai finito, superato, roba del passato.
Poi arrivò Robert Kirkman.
Oggi mi rimane netta la sensazione di quel periodo, la furiosa determinazione con la quale lo scrissi, tutta l'angoscia e la frustrazione trattenuta sin lì e fluita deflagrando nel romanzo: tutti i personaggi messi in scena, forse a eccezione di Padre Joseph, soffrono di quella situazione. Sono negativi, disperati, egoisti e selvaggi. Non ho mai più scritto qualcosa di tanto forte e, per me, catartico.
Ancora oggi, a distanza di così tanti anni, mi viene chiesto di far tornare in qualche modo Crotalo, ma ciò è assai difficile! Poi, come ho promesso, se torno a fare il libraio...



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