C'è stato un periodo in cui, pochi anni antecedenti alla sua più nota creazione, Dylan Dog, Tiziano Sclavi curava e scriveva, bene, anche per Zagor e Mister No.
Ritengo, mia personabilissima opinione, che lo scrittore lombardo abbia sceneggiato eccellenti storie proprio per il pilota creato da Guido Nolitta, le preferisco anche al suo Dylan Dog!
La trama:
A Manaus c'è fermento: le porte del Teatro dell'Opera stanno per riaprire! L'impresa, tuttavia, si rivela già abbastanza macabra: la compagnia, infatti, è la stessa che molti anni prima aveva veduto scomparire senza lasciare traccia il baritono "titolare" Eric Maelstrom.
Mister No e il suo amico Olinto Righetti si ritrovano coinvolti in un nuovo giro di morti e di tragici eventi.
Vi sono volte in cui le sceneggiature di Sclavi sembrano orologi svizzeri: "L'alba dei morti viventi", "Memorie dall'invisibile", "Ombre rosse" e, appunto, questa: l'atmosfera è fantastica, i personaggi eccezionali, impossibile non voltare pagina per scoprire cosa accadrà ai protagonisti messi in scena con tanta maestria; tutti i dialoghi sono calibratissimi e il vecchio teatro assume un ruolo suggestivo e pieno di presenze, di respiri.
Il finale è struggente nella sua drammaticità.
Certo aiutano, e non poco, i disegni di un Roberto Diso (mai troppo apprezzato in Italia) in super forma, capace di cesellare personaggi indimenticabili: basti citare la soprano Maria Arghidas, la cui camminata nel cimitero velata da calze nere risulta ancora oggi insuperabile.
Proprio quella tavola, da ragazzino, mi spinse a tentare la strada del disegno come passione: oggi l'originale di quella falcata fa parte della mia collezione.
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