Scrittore, saggista, critico e poeta, una delle figure di spicco del novecento italiano.
Indimenticabili le parole utilizzate all'indomani della morte di Pier Paolo Pasolini:
«Poi abbiamo perduto anche il simile. Cosa intendo per simile: intendo che lui ha fatto delle cose, si è allineato nella nostra cultura, accanto ai nostri maggiori scrittori, ai nostri maggiori registi. In questo era simile, cioè era un elemento prezioso di qualsiasi società. Qualsiasi società sarebbe stata contenta di avere Pasolini tra le sue file. Abbiamo perso prima di tutto un poeta. E poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo. Quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno come poeta. Il poeta dovrebbe esser sacro. Poi abbiamo perduto anche un romanziere. Il romanziere delle borgate, il romanziere dei ragazzi di vita, della vita violenta. Un romanziere che aveva scritto due romanzi anch’essi esemplari, nei quali, accanto a un’osservazione molto realistica, c’erano delle soluzioni linguistiche, delle soluzioni, diciamo così, tra il dialetto e la lingua italiana che erano anch’esse stranamente nuove.
Poi abbiamo perso un regista che tutti conoscono, no? Pasolini fu la lezione dei giapponesi, fu la lezione del cinema migliore europeo. Ha fatto poi una serie di film alcuni dei quali sono così ispirati a quel suo realismo che io chiamo romanico, cioè un realismo arcaico, un realismo gentile e al tempo stesso misterioso. Altri ispirati ai miti, il mito di Edipo per esempio. Poi ancora al grande suo mito, il mito del sottoproletariato, il quale era portatore, secondo Pasolini, e questo l’ha spiegato in tutti i suoi film e i suoi romanzi, era portatore di una umiltà che potrebbe riportare a una palingenesi del mondo.
Questo mito lui l’ha illustrato anche per esempio nell’ultimo film, che si chiama Il fiore delle Mille e una notte. Lì si vede come questo schema del sottoproletariato, questo schema dell’umiltà dei poveri, Pasolini l’aveva esteso in fondo a tutto il Terzo Mondo e alla cultura del Terzo Mondo. Infine, abbiamo perduto un saggista. Vorrei dire due parole particolari su questo saggista. Ora il saggista era anche quello una nuova attività, e a cosa corrispondeva questa nuova attività? Corrispondeva al suo interesse civico e qui si viene a un altro aspetto di Pasolini. Benché fosse uno scrittore con dei fermenti decadentistici, benché fosse estremamente raffinato e manieristico, tuttavia aveva un’attenzione per i problemi sociali del suo paese, per lo sviluppo di questo paese. Un’attenzione diciamolo pure patriottica che pochi hanno avuto. Tutto questo l’Italia l’ha perduto, ha perduto un uomo prezioso che era nel fiore degli anni. Ora io dico: quest’immagine che mi perseguita, di Pasolini che fugge a piedi, è inseguito da qualche cosa che non ha volto e che è quello che l’ha ucciso, è un’immagine emblematica di questo Paese. Cioè un’immagine che deve spingerci a migliorare questo Paese come Pasolini stesso avrebbe voluto.».
Amici che mi seguono.
sabato 29 febbraio 2020
venerdì 28 febbraio 2020
Il fumetto del venerdì: Zagor-Zombi!
Ché scritto così sembra un episodio in cui il popolare eroe della Sergio Bonelli Editore diventa un morto vivente! E invece no.
La trama:
in fuga dall'isola di Britannia, Zagor, Cico e Bosambo naufragano ad Haiti, misteriosa isola che mischia credenze religiose a veri e propri riti magici. Qui incontrano Alan O'Keefe, un bianco che ha assoldato dei mercenari per tentare di liberare suo figlio, a suo dire prigioniero dei sacerdoti che praticano il vudu in tutta l'isola. Le cose incominceranno presto a sprofondare in un lungo, inesorabile incubo, che farà precipitare al suo interno anche lo Spirito con la Scure e i suoi amici.
Come si possa scrivere un capolavoro dopo l'altro è, purtroppo, un mistero a cui non so dare spiegazione. Dopo l'avvincente, drammatica storia con i Seminoles di Manetola (vedi), Guido Nolitta ci trasporta immediatamente in un'altra vicenda (totalmente diversa), dove mistero, azione e horror si mischiano perfettamente per svelarci luoghi e segreti di una delle religioni più controverse e intrigate del mondo. Cupi e ossessivi tamburi, parole rivelate per enigmi e, alla fine, loro, le figure più terrorizzanti del nuovo horror moderno: gli zombi, in un finale memorabile.
Stavolta ai pennelli ritroviamo Franco Bignotti e non Gallieno Ferri, ed è uno dei motivi per cui, presumibilmente, la Bonelli non ha ancora ristampato in volume questo gioiello.
P. s.
Bisogna scriverlo ancora, e poi ancora: QUESTA è la vicenda da cui attinge lo sceneggiatore Dardano Sacchetti nel 1979 per il suo "Zombi 2", diretto poi magistralmente da Lucio Fulci, e non da una vicenda di "Tex Willer" come ancora ama ripetere lo scrittore. Basterebbe leggere la trama che ho elencato anche io per sommi capi onde rendersi conto dell'equivoco, dato anche il fatto che il ranger dei fumetti western incontra i suoi primi zombi, da assoluti "protagonisti", soltanto nell'inverno del 1997 in una storia scritta da Claudio Nizzi e disegnata da Fabio Civitelli: 24 anni dopo la storia di "Zagor" e 18 dopo il film di Fulci.
Il plot del capolavoro horror esce perché Sacchetti legge il capolavoro a fumetti di Nolitta.
L'ho scritto sui forum di Zagor, nelle rubriche a mio nome e ora lo ripeto qui.
Prima o poi funzionerà!
La trama:
in fuga dall'isola di Britannia, Zagor, Cico e Bosambo naufragano ad Haiti, misteriosa isola che mischia credenze religiose a veri e propri riti magici. Qui incontrano Alan O'Keefe, un bianco che ha assoldato dei mercenari per tentare di liberare suo figlio, a suo dire prigioniero dei sacerdoti che praticano il vudu in tutta l'isola. Le cose incominceranno presto a sprofondare in un lungo, inesorabile incubo, che farà precipitare al suo interno anche lo Spirito con la Scure e i suoi amici.
Come si possa scrivere un capolavoro dopo l'altro è, purtroppo, un mistero a cui non so dare spiegazione. Dopo l'avvincente, drammatica storia con i Seminoles di Manetola (vedi), Guido Nolitta ci trasporta immediatamente in un'altra vicenda (totalmente diversa), dove mistero, azione e horror si mischiano perfettamente per svelarci luoghi e segreti di una delle religioni più controverse e intrigate del mondo. Cupi e ossessivi tamburi, parole rivelate per enigmi e, alla fine, loro, le figure più terrorizzanti del nuovo horror moderno: gli zombi, in un finale memorabile.
Stavolta ai pennelli ritroviamo Franco Bignotti e non Gallieno Ferri, ed è uno dei motivi per cui, presumibilmente, la Bonelli non ha ancora ristampato in volume questo gioiello.
P. s.
Bisogna scriverlo ancora, e poi ancora: QUESTA è la vicenda da cui attinge lo sceneggiatore Dardano Sacchetti nel 1979 per il suo "Zombi 2", diretto poi magistralmente da Lucio Fulci, e non da una vicenda di "Tex Willer" come ancora ama ripetere lo scrittore. Basterebbe leggere la trama che ho elencato anche io per sommi capi onde rendersi conto dell'equivoco, dato anche il fatto che il ranger dei fumetti western incontra i suoi primi zombi, da assoluti "protagonisti", soltanto nell'inverno del 1997 in una storia scritta da Claudio Nizzi e disegnata da Fabio Civitelli: 24 anni dopo la storia di "Zagor" e 18 dopo il film di Fulci.
Il plot del capolavoro horror esce perché Sacchetti legge il capolavoro a fumetti di Nolitta.
L'ho scritto sui forum di Zagor, nelle rubriche a mio nome e ora lo ripeto qui.
Prima o poi funzionerà!
giovedì 27 febbraio 2020
Carne umana.
20 anni fa.
A febbraio del 2000 pubblicai questo romanzo con una piccola casa editrice che di lì a poco avrebbe lavorato esclusivamente usando il sistema print on demand (perché gli conveniva).
Subito dopo me ne dimenticai, anche perché durante la stesura avevo scassato la tastiera del PC e non avevo i soldi per comprarne un'altra. Non che avessi in mente di scriverne uno nuovo, per altro; fatto sta che dopo alcune settimane mi arrivarono i diritti d'autore: circa 100 mila lire! Con quelle corsi alla Banca di Roma di viale Baldo degli Ubaldi dove avevo avuto un -ehm- piccolo disguido con il direttore, saldando quanto dovevo.
Non scrivevo un accidente da cinque o sei anni, devo dire che quell'horror mi tolse dai pasticci.
Certo, se fossi nato chitarrista sarebbe stata tutta un'altra storia!
Ma hanno successo i chitarristi calvi?
mercoledì 26 febbraio 2020
L'occhio del cinema: Maggie la Gatta.
Dal film "La gatta sul tetto che scotta". Per il resto il post è muto, che cosa si può scrivere di cotanta bellezza? È come trovarsi di fronte alle piramidi egiziane, al Colosseo o alle cascate del Niagara: ogni parola sarebbe di troppo!
martedì 25 febbraio 2020
Libro del giorno: Il signor Diavolo.
Del film, sempre di Pupi Avati, tratto da questo breve romanzo ho parlato poche settimane fa: il libro mi è piaciuto ancor più!
La trama:
Furio Momentè è un funzionario del tribunale romano inviato a Venezia per fare luce sul terribile delitto operato da un ragazzino ai danni di un coetaneo, accusato di essere un mostro, forse il demonio in persona!
Momentè non vive un buon periodo: lasciato dalla giovane moglie, che ha costretto alla prostituzione per pagare debiti contratti con uno strozzino, si avvicina al suo lavoro conscio che potrebbe essere l'ultimo...
Ecco, l'aria da tragedia greca che il protagonista vive sin da principio (emblematica la figura del pantano cittadino che deve attraversare, metafora della sua vita) si ripercuote per tutto il romanzo: Momentè è triste, solo, disperato. Inizia ad avere il presentimento che la sua vita stia in qualche modo per finire, e la sensazione lo accompagna per tutto l'evolversi della trama, che è cruda, brutale, talvolta insostenibile (vedasi il dialogo tra lui e la moglie, quando tenta di convincerla a vendere il suo corpo).
Il racconto va dritto al suo scopo, senza sconti, senza pietà o pietismi.
E il finale mi è piaciuto più che quello cinematografico.
Bruttina e insignificante la cover.
La trama:
Furio Momentè è un funzionario del tribunale romano inviato a Venezia per fare luce sul terribile delitto operato da un ragazzino ai danni di un coetaneo, accusato di essere un mostro, forse il demonio in persona!
Momentè non vive un buon periodo: lasciato dalla giovane moglie, che ha costretto alla prostituzione per pagare debiti contratti con uno strozzino, si avvicina al suo lavoro conscio che potrebbe essere l'ultimo...
Ecco, l'aria da tragedia greca che il protagonista vive sin da principio (emblematica la figura del pantano cittadino che deve attraversare, metafora della sua vita) si ripercuote per tutto il romanzo: Momentè è triste, solo, disperato. Inizia ad avere il presentimento che la sua vita stia in qualche modo per finire, e la sensazione lo accompagna per tutto l'evolversi della trama, che è cruda, brutale, talvolta insostenibile (vedasi il dialogo tra lui e la moglie, quando tenta di convincerla a vendere il suo corpo).
Il racconto va dritto al suo scopo, senza sconti, senza pietà o pietismi.
E il finale mi è piaciuto più che quello cinematografico.
Bruttina e insignificante la cover.
lunedì 24 febbraio 2020
La ragazza del lunedì: Naga 4!
Un Frollo al giorno leva il medico di torno!
Vabbè, sarebbe una volta a settimana, ma non faceva rima.
Vabbè, sarebbe una volta a settimana, ma non faceva rima.
domenica 23 febbraio 2020
Museo Fran: Bruno Ramella.
Cover a opera di Bruno Ramella tratta dal numero 61 di "Nick Raider", Sergio Bonelli Editore, intitolato "Duri a morire".
Realizzata su cartoncino di piccole dimensioni, un A5.
Realizzata su cartoncino di piccole dimensioni, un A5.
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